LAMPEDUSA E GLI “UOMINI DI MARE”
Armando Milioto
La mia prima esperienza in barca l’ho vissuta a Lampedusa, dove mi recai per la prima volta negli anni ’70, da studente universitario. Questo racconto fa quindi parte della mia storia personale e delle mie esperienze in mare da cui sono sempre stato attratto. In quest’isola ho conosciuto e frequentato tanti marinai e pescatori. Il loro mondo mi incuriosiva e mi affascinava.
Molti di loro in giovanissima età, alcuni, addirittura a sedici anni, si imbarcavano su navi da pesca oceaniche acquisendo quindi una esperienza unica. Altri si imbarcavano su navi da trasporto e girovagavano per anni attorno al mondo, lontani dalla propria casa e dagli affetti familiari. Ancora oggi qualche ragazzo si imbarca, in particolare, sulle navi da crociera e grazie alle proprie capacità raggiunge persino incarichi importanti come ad esempio il grado di nostromo di bordo. Certamente da loro avrei potuto imparare molto sul mare e sulla vita che lo circonda. Uno dei primi che conobbi fu Antonio Sanguedolce, un esperto pescatore subacqueo. La sua era una barca in legno di dieci metri di lunghezza. Nel periodo estivo accompagnava al largo i turisti per la pesca. A volte, se il tempo e le condizioni del mare lo permettevano, faceva con loro delle escursioni sull’isolotto di Lampione che dista da Lampedusa circa quattordici miglia. Qui ancorava la barca e si fermava per la notte in modo da approfittare delle prime luci del nuovo giorno per una pesca subacquea più proficua. Lo conobbi che ero ancora uno studente universitario e disponevo di poco denaro con cui potevo permettermi solo l’alloggio e il vitto. Di quest’uomo mi colpì lo sguardo, la sua folta barba da marinaio vissuto e il suo atteggiamento carismatico. Antonio capì subito che non potevo permettermi di pagare l’escursione, ma mi invitò lo stesso a salire a bordo. Non conoscevo nulla della pesca subacquea e, in silenzio, assistetti ai preparativi dei sub. In tre si posizionarono sul trincarino di poppa e uno dopo l’atro si gettarono in acqua. Scomparvero lentamente allo sguardo e il timoniere si mise a seguire le bolle d’aria che, emergendo in superficie, ci indicavano i loro spostamenti. Navigammo così seguendo questa scia, per circa un’ora, finché la barca si fermò gettando l’ancora. Compresi che quello era il momento della risalita dei tre. Mi sporsi dalla barca e, dopo pochi minuti, intravidi la sagoma del primo sub con delle ombre che sembravano seguirlo. Solo quando Antonio raggiunse i dieci metri di profondità mi accorsi che si stava trascinando dietro due grandi pesci. Un’emozione profonda mi colse quando lui salì a bordo con due grandi cernie del peso di venti chilogrammi ciascuna. Anche gli altri due sub ebbero un buon pescato ma la grande esperienza di Antonio aveva fatto emergere la sua grande professionalità.
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